Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Segui il Canale di Youtube Seguimi su Pinterest

venerdì 9 marzo 2018

Zoofobie Infantili e Significato del Totem

GUARDA IL VIDEO
Le diverse specie animali si relazionano tra di loro in svariati modi: possono essere preda, predatore, simbionte, antagonista o parassita le une rispetto alle altre. Al di là di questi rapporti, che potrebbero essere definiti nel loro insieme di tipo economico, la specie umana considera gli altri animali anche da altri punti di vista facendoli oggetto di un interesse scientifico, estetico e simbolico.
L’interesse scientifico riguarda la curiosità che abbiamo nei confronti degli altri animali dei quali ci piace capire il funzionamento biologico e sociale.
Il senso estetico ha da sempre preso spunto ed esempio da animali.
L’ultima categoria, il simbolismo, è di estrema importanza e riguarda il fatto che gli animali vengono usati come personificazioni di idee: se una specie ha un aspetto goffo e tenero diventa simbolo dell’infanzia; se ha un aspetto feroce diventa un simbolo di guerra. L’atteggiamento simbolico verso gli animali è il risultato di impulsi profondi, operanti continuamente in ciascuno di noi, che ci spingono a vedere le altre specie come nostre caricature o comunque come nostri alter ego. In pratica, non possiamo trattenerci dal trasferire negli animali caratteristiche e sentimenti umani.


In questo scenario acquistano particolare interesse alcune fobie che si sviluppano nei bambini e riguardano per l’appunto gli animali, cioè le zoofobie.
La zoofobia è la paura morbosa degli animali o, più spesso, di una determinata specie di animali. Le zoofobie sono caratteristiche di alcune sindromi nevrotiche, specie infantili.
Come si spiegano le zoofobie e soprattutto perché riguardano così frequentemente i bambini?
Freud, in Totem e Tabù, enuncia così il problema: il rapporto tra bambino e animale è molto simile a quello esistente tra uomo primitivo e animale. Il bimbo non mostra ancora nessuna traccia di quella superbia che più tardi induce l’adulto civile a tracciare una netta linea di confine tra la propria natura e quella di tutte le altre creature. Il bambino non si fa scrupolo di concedere all’animale la piena parità con sé stesso; e si sente di certo più prossimo all’animale che non all’adulto, il quale probabilmente gli riesce enigmatico. In questa eccellente intesa tra bambino e animale compare però talvolta un singolare elemento di disturbo: il bimbo comincia improvvisamente a provare paura per una determinata specie. Si istaura il quadro clinico di una fobia degli animali.
Dato il particolare significato simbolico che istintivamente attribuiamo agli animali, la soluzione al problema delle zoofobie infantili va cercata in ciò che l’animale evoca nel bambino. L’esperienza dimostra che nella maggioranza dei casi l’animale rappresenta per i bambini una figura forte e autoritaria (il padre, la madre o figure simili).
In questo interessante articolo dal titolo La Paura del Lupo, Bruna Marzi illustra con molta intelligenza l’esempio forse più classico di zoofobia, quella del lupo appunto.
Il terrore manifestato dal bambino verso una specie è perciò in realtà generato dal genitore o da una figura autoritaria che ne faccia le veci.
Ma come avviene questa trasfigurazione? e soprattutto per quale motivo?
La risposta alla prima domanda è piuttosto semplice: l’animale diventa un sostituto del genitore grazie al fenomeno psichico della proiezione grazie al quale parte dei sentimenti rivolti verso il padre vengono proiettati sul suo sostituto animale. Assimilare figure umane forti ad animali sembra essere una specie di universalia del genere umano e appare in maniera evidente nel fenomeno del totemismo, per esempio.
Quanto alla seconda domanda, bisognerebbe entrare nella storia di ogni caso clinico, ma in linea di massima si può rispondere dicendo che la sostituzione del padre con un animale risolve, almeno momentaneamente, un conflitto interiore. I conflitti interni si generano ogni qual volta siano presenti pulsioni opposte rivolte verso lo stesso oggetto. È ciò che in psicanalisi viene definita ambivalenza. Nel caso delle zoofobie infantili l’ambivalenza riguarda i sentimenti di odio e amore che il bambino nutre contemporaneamente nei confronti del padre. Proiettando l’odio su di un sostituto animale il conflitto dovrebbe risolversi ma in realtà nella maggior parte dei casi viene solo perpetuato sull’animale che raccoglie da parte dei bambini quindi anche sentimenti di affetto e ammirazione, oltre che terrore.

Nicola Peluffo, in un suo articolo dal titolo Il Persecutore scrive: 
“L’essere umano, i cui nuclei narcisistici si costituiscano a sistema, e perseguitino l’Io, è costretto a difendersi con un’attività sistematica di proiezione che gli permette di non fuggire a vuoto e di alleviare la tensione. Il fatto è che gli oggetti delle proiezioni sono sostituti dei nuclei narcisistici e quindi, anche se esterni perseguitano il soggetto dall’interno
Le zoofobie rientrano nel più ampio quadro generale di un fenomeno psichico estremamente comune e facilmente riscontrabile nella vita di tutti i giorni: la proiezione. Desideri e pulsioni proprie, che siano riconosciute o non riconosciute, entrando in conflitto con altri desideri e pulsioni, vengono proiettati all’esterno e poste nella mente di altre persone. Così l’innamorato non vede altro che la bramosia degli altri uomini verso l’oggetto del suo amore. La gelosia patologica si forma da un meccanismo di proiezione e si verifica più di frequente quando l’innamorato non vuole ammettere il suo amore neanche a sé stesso.

Nessun commento:

Posta un commento