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giovedì 8 marzo 2018

Adamo, Eva e il Morbo che ci Rese Intelligenti







Ci sono domande fondamentali – Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? - alle quali in tutte le epoche e in tutte le culture l'uomo ha cercato di dare una risposta con i mezzi che aveva a disposizione.
Col progredire dell’esperienza e del sapere, agli antichi racconti magici, mitici e religiosi si sono infine sostituiti i modelli scientifici grazie ai quali oggi possiamo ottenere riscontri concreti e verificabili.

In particolare, riguardo alla domanda sull’origine dell’uomo, sappiamo di esserci separati, come genere autonomo, da proto ominidi scimmieschi chiamati australopitechi e che in seguito abbiamo percorso strade tortuose che ci hanno portato a diventare i sapiens che siamo. In questa evoluzione lenta e graduale sarebbe assurdo parlare di progenitori unici, apparsi magicamente e all’improvviso sulla faccia della terra e che avrebbero dato luogo a tutta la stirpe umana, magari soltanto seimila anni fa, come affermano i più irriducibili anti evoluzionisti. Invece paradossalmente, proprio dal mondo scientifico, giunge una parziale e originalissima conferma al mito di Adamo ed Eva.
Intendiamoci, Adamo ed Eva restano due figure mitologiche che nulla hanno a che fare con la realtà. Tuttavia, vi sono prove tangibili che proveniamo davvero tutti da un singolo esemplare femminile e da un singolo esemplare maschile della nostra specie, e ciò sarebbe già di per sé strabiliante se non fosse che, a complicare le cose, si aggiunge un fatto apparentemente assurdo e cioè che questi nostri due progenitori sono vissuti in epoche diverse: Eva è più vecchia di Adamo di circa… settantamila anni!


Come può essere?
La risposta si trova all’interno della cellula e riguarda il mitocondrio, da una parte, e il cromosoma Y dall’altra. Il primo ci racconta di Eva; il secondo di Adamo.
Ma vediamo come.

Il DNA mitocondriale
I mitocondri sono organelli intracellulari presenti in tutte le cellule eucariote cioè dotate di nucleo (a differenza di quelle procariote, rappresentate tipicamente dai batteri, che sono invece senza nucleo e senza mitocondri) e rappresentano la centrale energetica della cellula in quanto producono l’ATP che è la moneta di scambio dei processi biochimici.
Una delle tante caratteristiche che destano stupore riguardo ai mitocondri è che possiedono un DNA proprio, differente da quello della cellula che li ospita il ché induce a pensare che siano degli invasori cellulari.
Da un punto di vista evolutivo, gli eucarioti (cellule con nucleo) si sono originati  successivamente rispetto ai procarioti a seguito dell’ingresso di un batterio in una cellula di dimensioni maggiori.
I mitocondri sono perciò antichissimi batteri che col passare delle generazioni si sono accasati in una cellula più grande, fornendo energia e ottenendo in cambio protezione e isolamento dai principali pericoli.


La cosa notevole è che il DNA mitocondriale di tutti gli esseri umani proviene da un’unica sequenza di DNA mitocondriale. In altri termini: tutti i mitocondri di tutti gli Homo sapiens della terra discendono da un unico mitocondrio originario.
Dal momento che il DNA mitocondriale si eredita solo dalla madre, ciò implica che tutti gli esseri umani oggi esistenti abbiano una comune discendenza femminile proveniente da un’unica donna che i ricercatori hanno soprannominato Eva Mitocondriale.

Come mai il DNA mitocondriale si eredita solo dalla madre?
Perché l’ovocita materno, che è una cellula nucleata dotata di mitocondri, viene fecondato da uno spermatozoo paterno il quale, subito dopo essere entrato nella cellula uovo, va incontro a una serie di processi che distruggono tutti i suoi mitocondri, lasciando solo il materiale genetico che si combinerà con quello dell’ovocita per dare origine all’embrione. Se così non fosse, se cioè i mitocondri paterni continuassero a vivere nella cellula uovo, l’embrione morirebbe subito per ragioni che non sono ancora perfettamente chiare.

Quindi proveniamo tutti da un singolo esemplare femminile della nostra specie: la Eva mitocondriale che visse, secondo stime ottenute tramite la tecnica dell’orologio molecolare, tra i 99.000 e i 200.000 anni fa (periodo corrispondente a quello in cui si pensa che i sapiens si siano separati come specie autonoma da un antenato appartenente al genere Homo).

Il cromosoma Y
Veniamo adesso al progenitore maschile.
Il cromosoma Y è quello che determina il sesso dell’embrione. Se è presente, nasce un maschio, altrimenti nasce una femmina. Di conseguenza le donne ne sono prive. Analizzando i cromosomi Y di campioni di maschi appartenenti alle etnie più disparate si trova che sono versioni differenti di un unico cromosoma Y originario appartenuto a un singolo uomo: l’Adamo Y-cromosomico. Uno studio biologico dell'Università di Stanford sopra 93 polimorfismi genetici umani scoperti in questo cromosoma, in 1000 individui di 21 regioni del mondo, ha calcolato che il progenitore maschile comune a tutti gli uomini attuali visse in Africa circa 75.000 anni fa.

Perché proprio il cromosoma Y e il DNA mitocondriale?
Questi due tipi di materiale genetico sono particolarmente adatti a darci informazioni sul nostro passato grazie al fatto che sono stabili e non si ricombinano, ma variano solo per errori di trascrizione e con una frequenza prevedibile. Mentre tutti gli altri cromosomi (definiti autosomi) si scambiano pezzettini ad ogni generazione mediante un meccanismo chiamato crossing over, il cromosoma Y viene trasmesso in copia identica dal padre al figlio maschio, senza modificazioni né rimaneggiamenti.
Noi umani possediamo 23 coppie di cromosomi. Ogni coppia è formata per metà da un filamento proveniente dal padre e per metà da uno proveniente dalla madre. I singoli filamenti però non sono identici a quelli dei nostri genitori che ce li hanno trasmessi perché prima che si unissero sono andati incontro a un processo di rimescolamento che avviene nelle cellule germinali di ciascun genitore e che si chiama crossing over. Questo vale per tutti i cromosomi tranne che per il cromosoma Y che viene trasmesso invariato da padre a figlio maschio.
La stabilità del cromosoma Y lo rende idoneo a considerazioni di tipo evolutivo perché le differenze che comunque si accumulano nel corso delle generazioni nella sua sequenza nucleotidica, sono unicamente ascrivibili a difetti di copia e, pertanto, numericamente prevedibili.
Così, analizzando i cromosomi Y di un campione rappresentativo di tutta la popolazione mondiale, siamo in grado di risalire indietro nel tempo al cromosoma Y originario che appartenne a una singola persona.


Identico discorso vale per il DNA mitocondriale. Essendo presente in singola copia nell’uovo, viene fedelmente trasmesso all’embrione (maschio o femmina) senza rimescolamenti o variazioni. Le mutazioni che si accumulano nel corso del tempo all’interno del DNA mitocondriale sono dunque dovuti soltanto a difetti di copia numericamente prevedibili. Confrontando i diversi aplotipi (schemi di mutazioni note) presenti oggi negli individui si risale facilmente alla molecola originaria che appartenne ad Eva circa 200.000 anni fa.

Che storia ci raccontano questi due tipi di materiale genetico?
Forse, è la storia di una terribile malattia che ha incidentalmente selezionato gli individui con una spiccata intelligenza linguistica.
Al tempo della nostra Eva mitocondriale, esistevano certamente altre donne con DNA mitocondriali diversi. Che fine hanno fatto?
Una possibile risposta chiama in causa una malattia, un’infezione letale per tutti i sapiens di quel periodo, tranne che per quelli resistenti (forse un microrganismo che attaccava i mitocondri legandosi a qualche proteina mitocondriale assente o modificata nei mitocondri di Eva).
La resistenza alla malattia poteva essere causata direttamente o indirettamente dal DNA mitocondriale ma questo non è strettamente necessario. Può darsi che Eva possedesse la resistenza alla malattia nel suo genoma nucleare (non in quello mitocondriale) e che l’abbia trasmessa come carattere dominante alla sua progenie sia maschile che femminile (progenie che possedeva il DNA mitocondriale di Eva, naturalmente).
In seguito a questa terribile malattia, il genere umano dovette passare attraverso uno strettissimo collo di bottiglia, oltre il quale però rinacque più florido e soprattutto più intelligente che mai.
Sì perché da allora in poi si registrano manufatti sempre più sofisticati, segni di organizzazioni sociali complesse ed espansioni successive a colonizzare l’intero pianeta.

Per quanto riguarda l’Adamo Y-cromosomiale, la storia rimane parzialmente avvolta dal mistero. Sappiamo che Adamo ha generato una linea di maschi da cui discendono tutti i maschi attuali del pianeta. Come ciò sia avvenuto però è un mistero.
Certamente un altro collo di bottiglia, oltre a quello presunto di Eva, influì sulla linea di discendenza umana. In quel periodo, circa 75.000 anni fa, avvenne un episodio tremendo: La Catastrofe di Toba. L’esplosione di un supervulcano al di sotto del lago Toba, rese ancora più rigido il clima del pianeta che stava già attraversando una glaciazione. Senza dubbio, la popolazione di sapiens subì una grave riduzione numerica da questo cataclisma ma ciò non spiega come mai a sopravvivere furono soltanto gli individui che possedevano il cromosoma Y di Adamo.
La catastrofe da sola non spiega il mistero, ma può essere considerata una concausa.
Qualcos’altro dev’essere accaduto e a questo riguardo una affascinante spiegazione ci proviene dal mondo della psicanalisi, formulata addirittura dal padre di questa disciplina: Sigmund Freud.
Di questa geniale spiegazione psicanalitica vi sarà modo di parlare in futuro.
Francesco Alfano


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