Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Segui il Canale di Youtube Seguimi su Pinterest

lunedì 26 marzo 2018

Il Doppio Filo della Comunicazione Umana


Nella sua opera "La Psicologia dei Popoli" Wundt studia il ruolo della cultura nella costruzione delle funzioni psicologiche superiori, giungendo a dimostrare una cosa ovvia al giorno d'oggi, cioè che l'ambiente culturale ci plasma.
Meno ovvia invece è la profondità di tale interazione. La cultura in cui siamo immersi determina il nostro modo di pensare a un livello così radicale che a volte stentiamo a credere di stare solo interpretando una parte assegnataci dal caso. Eppure è così: chi nasce in Arabia Saudita diventa musulmano e chi nasce in Italia diventa cattolico. Perfino sentimenti così intimi come la gelosia, sono culturalmente appresi: nascere a Palermo ai primi del Novecento, oppure nella Milano di oggi fa una bella differenza in questo senso; potremmo anche dire che se l'Otello fosse stato ambientato nella Svezia odierna, sarebbe stata tutta un'altra storia. 
L'ambiente in cui viviamo dunque ci riempie di convinzioni profonde che agiscono dall'interno a vari livelli di consapevolezza e letteralmente ci fanno muovere. Sono certezze che non sapremmo enumerare né definire, ma che ci dipingono la vita col colore della cultura in cui siamo nati, e che rivelano la loro presenza ogni volta che proviamo emozioni.
Sessismo e razzismo, fanno parte di questi impianti culturali e, in quanto tali, difficilissimi da eradicare.

Quanto detto, porta a una conseguenza tutt'altro che banale: se l'ambiente culturale è in grado di formare la nostra emotività, allora deve necessariamente esistere una psiche collettiva.
Quando scrive "Totem e Tabù", Sigmund Freud tenta per la prima volta di trasferire il metodo psicanalitico dagli individui ai popoli non senza chiedersi se tale operazione sia legittima. In particolare, egli dice che per compiere questo salto bisogna postulare una psiche collettiva, e ciò implica una
"continuità nella vita emotiva degli uomini che permetta di trascurare le interruzioni degli atti mentali provocate dalla morte degli individui" [Freud Totem e Tabù pag 211].

Per essere tale, una psiche collettiva deve contenere non solo una coscienza collettiva (facilmente trasmissibile attraverso la parola e gli scritti) ma anche e soprattutto un inconscio collettivo.
Ma se per definizione l'inconscio è nascosto nella psiche individuale e se quindi l'individuo ne è inconsapevole, come fa a trasmetterlo alla generazione successiva?
A questo proposito Freud dice una cosa molto interessante. Egli afferma che non esistono atti psichici tali da poter essere repressi senza lasciare la minima traccia. Anche la repressione più violenta lascia spazio a moti sostitutivi deformati e conseguenti reazioni. Ogni uomo possiede nel suo inconscio un apparato in grado di interpretare le reazioni degli altri uomini rendendo vane le deformazioni che l'altro impone all'espressione delle sue emozioni. In definitiva, nessuna generazione è in grado di nascondere alla successiva processi psichici importanti.
Ciò significa che i nostri genitori e in generale tutte le figure di riferimento nella cultura in cui siamo immersi ci trasmettono molto di più di quanto vorrebbero, attraverso due canali separati: quello delle parole e quello dell'emotività. In ogni interazione umana questi due livelli dialogano in maniera indipendente ma noi siamo consapevoli soltanto di uno. Mentre l'altro, quello inconscio, è il più importante perché ha accesso all'azione, e controlla il nostro operato.
I canali sotterranei di scambio emozionale sono la struttura attraverso cui l'ambiente culturale agisce e fa di ogni popolo, di ogni etnia, un'entità distinta, unica e irripetibile. Così, un dialogo che avviene a nostra insaputa determina le nostre convinzioni più profonde e ci fornisce un'identità.
Ogni volta che invece di riconoscere tale influenza tentiamo di giustificare razionalmente i nostri sentimenti culturalmente appresi, nascono le ideologie. L'alternativa sarebbe ammettere che non siamo padroni di noi stessi.

Nessun commento:

Posta un commento