Il cervello razionale funziona secondo le leggi della logica ed è in grado di
eseguire un processo per volta con modalità analitiche. Il cervello
non-razionale processa informazioni emotive con modalità sintetiche ed è in
grado di gestire decine di processi contemporaneamente. Guarda il video
Scienza e logica sono espressioni del cervello razionale, mentre i risultati della mente non-razionale sono l’intuizione, l’arte, l’empatia.
Nessuna delle due componenti funziona bene da sola, hanno bisogno l’una
dell’altra nella giusta misura.
La scienza senza fantasia non andrebbe avanti di un passo, e l’arte senza riferimenti reali sarebbe solo follia.
La scienza senza fantasia non andrebbe avanti di un passo, e l’arte senza riferimenti reali sarebbe solo follia.
Il pensiero non-razionale, quindi, non è un prodotto di
serie B, ma rappresenta una risorsa formidabile che si manifesta in tanti modi
fra i quali, uno dei più bizzarri, è senza dubbio la cosiddetta “rêverie”.
La rêverie è una sorta di stato sognante in cui la realtà può assumere forme
insospettabili. Ogni artista conosce il fenomeno perché lo vive in prima
persona.
Esempio paradigmatico di questa straordinaria forma di abbandono fantastico, è
l’esperienza di Kafka.
Trent’anni prima del congresso di Norimberga (momento in cui l’antisemitismo
nazista diventa ufficiale) Franz Kafka scrive La Metamorfosi immaginando un
uomo che, dopo una notte di sogni inquieti, si sveglia trasformato in
scarafaggio.
Dieci anni dopo, scrive Il Processo in cui questa volta un uomo viene condannato a morte senza neppure conoscere il capo di imputazione.
Dieci anni dopo, scrive Il Processo in cui questa volta un uomo viene condannato a morte senza neppure conoscere il capo di imputazione.
Se la letteratura assegna un posto d’onore a
queste due opere per molti aspetti farneticanti, è dovuto al fatto che Kafka era ebreo.
Da lì, la relazione con la storia.
Da lì, la relazione con la storia.
Mediante un processo di rêverie artistica, Kafka aveva previsto ciò che sarebbe
successo al popolo ebraico, cui lui apparteneva.
Naturalmente, non era un mago o un indovino. Kafka
aveva solo tratto le giuste conclusioni cogliendo i segnali nascosti di un
mondo in cambiamento, mediante la componente non-razionale della sua mente.
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